Felix Mendelssohn-Bartholdy e Camille Saint-Saëns: una full-immersion nel romanticismo ottocentesco ha caratterizzato il settimo appuntamento concertistico della stagione mantovana “Tempo d’Orchestra”. La serata ha visto schierata sul palco del Teatro Sociale l’Orchestra da Camera di Mantova diretta per l’occasione da Thomas Jung. Classe 1984, il maestro tedesco vanta una spiccata sensibilità direttoriale.

La serata si è aperta con l’ouverture denominata “Le Ebridi”, in cui Mendelssohn-Bartholdy protende il suo estro compositivo nella direzione del poema sinfonico, anche se la forma resta quella della sonata. Jung, avvalendosi della “complicità” dei maestri dell’OCM, ha spinto l’interpretazione oltre il mero fine descrittivo del gruppo di isole al largo della Scozia, una delle quali caratterizzata da una magnifica grotta che rimanda al mito dell’antico eroe irlandese Fingal. Jung ha impostato la narrazione sull’evocazione delle atmosfere e delle suggestioni che il luogo aveva suscitato nel compositore, e sul rinnovarsi, per gli ascoltatori, dello stupore generato dalla bellezza ma anche dalla potenza della natura. Una linea stilistica mediata dallo spirito romantico dell’epoca, che Jung ha tradotto con lucidità di visione.

Mendelssohn-Bartholdy è tornato in chiusura di concerto, con la Sinfonia n.1 op 11, scritta dal musicista tedesco quando aveva 15 anni e che viene eseguita di rado. Qui, Jung ha fatto emergere il caleidoscopio di ispirazioni, di costruzioni formali, di eleganza melodica e strumentale, sempre improntati al lirismo, esaltando ogni aspetto con vivacità. Il che è stato reso possibile dalla solidità dimostrata dall’Orchestra da Camera di Mantova, che il direttore in più di una occasione si è soffermato a ringraziare, stringendo molte volte la mano al primo violino, e “cuore” della formazione, Carlo Fabiano.  

La parte centrale del programma era dedicata a Saint-Saëns e al suo Concerto n.1 per violoncello e orchestra op 33, anch’esso di non frequente esecuzione. Solista, l’inglese Natalie Clein che ha imbracciato il violoncello ‘Simpson’ di Guadagnini, costruito nel 1777. Il bellissimo viso di Clein letteralmente si trasfigura mentre suona, evidenziando quanto, in lei, sia sostanziale il trasporto emotivo: quasi una sofferenza interiore votata ad esprimere, in Saint-Saëns, una sottile malinconia, con un suono morbido e ammaliante, dal palpito emotivo condiviso con l’orchestra. Al termine del suo intervento, due bis: una pagina celeberrima di Bach e una melodia attinta al folclore catalano. Una serata quindi in cui tutti i protagonisti, Jung, Clein e OCM, hanno potuto esprimere appieno il proprio carattere – interpretativo stilistico ed espressivo – coinvolgendo in questo percorso il folto pubblico.

Recensione Maria Luisa Abate
Visto al teatro Sociale di Mantova, per “Tempo d’Orchestra”, il 9 marzo 2023
Contributi fotografici: MiLùMediA for DeArtes